Sono stata a Cuba due estati fa e da allora sono cambiate tante cose. La Cuba che ho conosciuto era come sospesa, una Nazione in bilico tra un passato di sofferenza e gloria e un futuro fatto di desiderio e promesse.

CUBA E LO STRANIERO

La cosa più bella di questo viaggio è stata la possibilità di comunicare con estrema facilità. Mi sono venuti in soccorso la lingua spagnola (livello base, ma sufficiente) e soprattutto il costante desiderio degli abitanti di entrare in contatto con me, con lo straniero.

La curiosità che suscitano gli stranieri a Cuba è fatta da una distanza che non è propriamente culturale (spesso mi sono sentita come a casa), ma che piuttosto  è frutto di proibizioni e veti. Un gap imposto da anni di embargo e dalla difficile connessione alle reti globali.

Cuba rivoluzione _Terrazza

La Habana dalla finestra

A Cuba ho visto con tristezza e disappunto la continua emulazione di cliché snaturati di ogni peculiarità culturale. Il contatto con noi turisti di passaggio, il mito di un mondo ricco e libero che si profilerebbe oltre quel mare che li isola, crea nei cubani un immaginario fantastico, continuamente alimentato dalla nostra estranea presenza.

Ricordo un pomeriggio a Trinidad: un ragazzo mi ferma e mi chiede spudoratamente la maglietta. Non è il primo a farmi questa richiesta eppure, non sembrerebbe mancare di sostanze utili alla vita decorosa. Gli faccio notare che è una maglietta vecchia, usata e dal valore pressoché nullo. Mi risponde: “ma tu sei Italiana, patria dello stile!”. Mi sono dovuta fermare a spiegargli che era una maglietta modesta, probabilmente fatta in Cina e che dello stile e del gusto italiano aveva ben poco.

Cuba rivoluzione _Trinidad

Trinidad

A Cuba ho visto anziani bellissimi vestiti di cotone bianco e scarpe cucite a mano e poi giovani in calzoncini sintetici e magliettacce logore, spesso t-shirt dalle stampe americane. A una prima occhiata ti verrebbe da pensare che siano poveri e indigenti ma poi capisci che, semplicemente, ai loro abiti tradizionali preferiscono spesso i doni abusati e stinti dei turisti di passaggio.

Cuba rivoluzione

A Cuba ho provato, un po’ come in Thailandia, l’amarezza di sapere che quello che ho visto è solo un primo piccolissimo passo verso una nuova era di cambiamento, che porterà delle perdite. E’ successo anche a noi, nel dopoguerra. Si comincia masticando una gomma ed emulando le pose dei divi e poi…

Alcuni probabilmente non condivideranno questa riflessione ma io questo scarto, questa perdita, la sento spesso quando viaggio. È uno dei motivi per cui negli anni, col dilagare della globalizzazione, ho perso un po’ il gusto della scoperta. Sarà l’età ma, superati i trenta, ho capito che spesso mi emoziona di più una sagra di paese a Vattelapesca d’Abruzzo che un panorama costruito con palme infilate tutte uguali in una fetta di mondo qualsiasi.

CUBA E LA RIVOLUZIONE

Ebbene, Cuba nel 2014 era pienamente sospesa tra questa imminente trasformazione culturale e la malinconica rievocazione del passato.

Siamo andati in Luglio e per tutto il mese ho assistito alle preparazioni per l’anniversario della Rivoluzione: i festeggiamenti si tengono ogni anno in un luogo diverso dell’isola

Cuba rivoluzione

Nel 2014 toccava a un paesino del nord. Per tutto il periodo della permanenza e del transito in quell’area geografica, ho visto l’instancabile lavorio di operai che, sotto al sole cocente, asfaltavano strade e piantavano fiori. Tutto intorno, manifesti e cartelloni attendevano l’arrivo di Raúl per il comizio di rito.

A Viñales ho scoperto che l’evento era percepito da lontano, senza enfasi né rifiuto, come la norma di sempre. A Trinidad ho capito che il mio padrone di casa era totalmente disinteressato. All’Havana mi hanno detto chiaramente che mi ero creata troppe aspettative e che in realtà nemmeno nella capitale ci sarebbe stata chissà quale festa. Mi hanno anche confessato che da quando a tenere il comizio è Raúl la noia e la monotonia si sprecano, almeno con Fidel c’era trasporto!

Cuba rivoluzione

E poi il giorno dei festeggiamenti è arrivato e noi eravamo nella capitale pieni di aspettative. Ho scoperto una città deserta, lontana dal sentimento di comunione e partecipazione a un evento apparentemente tanto importante.

Cuba rivoluzione

Habana Centro

Una città vuota, dove la festa significa andare al mare, restare a casa a sentire la musica o a fare i lavori per sistemare la stanza dove alloggeranno i turisti. Un giorno per lasciarsi andare a riti propiziatori, col santero che invoca formule dalla finestra. Un giorno passato a camminare, ancora lo ricordo, nell’attesa di trovare qualcosa che ci riconducesse alle celebrazioni che andavamo cercando.

EL CLUB NACIONAL DE SONEROS

E poi finalmente eccoli qui: decine di vecchietti appassionati, riuniti nel Club Nacionàl de Soneros per cantare e rievocare i giorni della Rivoluzione, i tempi andati. Racconti di battaglie, canti dedicati alle madri, alle famiglie, agli scomparsi.

Cuba rivoluzione

Ci hanno accolti con tutti gli onori, cedendoci le sedie in prima fila. Erano felici, uniti, fieri e appassionati. Novantenni magri ed energici che ballavano e cantavano, cercando di far durare ancora per un po’ quella perduta dimensione.

Cuba rivoluzionePoi siamo usciti. Ci siamo diretti a Plaza de la Revoluciòn, deserta. Sulla strada un circo metteva in scena i suoi spettacoli, più avanti un padre e un figlio giocavano a baseball.

Cuba rivoluzione

La Habana_Plaza de la Revolución

A Vedado un uomo ci si affianca e con insistenza – come accade spesso – cerca di venderci le monete con la faccia del Che (sono introvabili, i turisti ne fanno incetta). Questa mercificazione degli eroi non è una novità, ma oggi è festa è il giorno della Rivoluzione! La cosa appare alquanto emblematica.

Arrivo al Malecòn e ho una sete mortale. Un grande Centro Commerciale si affaccia con le sue vetrate davanti a un mare arrabbiato, l’arsura è devastante. Entro in un piccolo shop e prendo dell’acqua. Il commesso mi applica il prezzo in CUC –  come è norma per gli stranieri – maggiorato rispetto al solito. E’ un mese che sono qui e ormai ho capito: ci provano, come si fa a Roma coi Giapponesi. Non è cattiveria, è frustrazione.

Cuba rivoluzione _sorrisi

Ho trovato tanti amici a Cuba e ho ricevuto anche tanti regali. Mi hanno aperto le loro case, andando spesso oltre il normale rapporto turista – dueño (padrone di casa). Però è un lavoro che richiede tempo, umiltà e voglia di comunicare, di capire. Nell’attesa che questa fiducia arrivi e subentri la stima, sei un portafogli in transito c’è poco da fare. Ma io questo lo capisco. Faccio intendere al commesso che conosco i prezzi e che lo trovo caro ma domani parto e va bene così. Cuba già mi manca.