Cammino a passo lesto nel parco, è tardi e fa freddo, per questo accelero. Svolto nel vialetto alberato, lì dove la freccia indica Padiglione6. Improvvisamente mi blocco. Cos’è quella sagoma che spunta da dietro gli alberi? Non ho più freddo, lo stupore improvviso mi seda.

Un affresco grande quanto l’intera facciata del palazzetto che ospita il Museo della Mente si rivela in tutta la sua magnifica imponenza. Figure nude, dai volti e dalle pose conturbanti, emergono dallo sfondo nero che le avvolge come a volersi rivelare, con tutta la loro sofferenza.

Ma perché proprio qui, in questo parco della periferia nord di Roma? Facciamo un passo indietro…



Il manicomio-villaggio di Roma

Ingresso Santa Maria della Pietà Roma

Il Manicomio Provinciale del Santa Maria della Pietà cominciò ufficialmente a funzionare nel quartiere di Monte Mario dal 1914, quando venne inaugurato da Vittorio Emanuele III.

Il complesso, concepito con lo spirito del manicomio-villaggio, si estendeva su circa centotrenta ettari. Gli edifici, immersi in un grande parco di piante a fusto alto, costituivano il più grande Ospedale Psichiatrico d’Europa con una capacità di oltre mille posti letto. Verrà ufficialmente chiuso nel 1999.

Il Museo della Mente

Il Museo della Mente, che ha sede all’interno del parco nell’ex padiglione6, ha oggi lo scopo di documentare la storia dell’istituzione manicomiale e avviare una riflessione attorno al tema della diversità e dell’esclusione sociale. La missione, ci spiega il Direttore Pompeo Martelli, è la promozione della salute mentale attraverso il recupero della memoria della sofferenza che, sottolinea, risiede nelle persone prima che nelle cose.

È partendo da questo assunto che, all’inizio dello scorso anno, viene contattato Gomez, un artista ormai noto per la grande carica espressiva delle sue opere che traggono ispirazione dalla pittura barocca e in particolare dalla scuola caravaggesca.

Il murale di Gomez al Santa Maria della Pietà

street art Gomez Santa Maria della Pietà RomaUn capolavoro che è frutto di un progetto condiviso tra l’artista e lo staff del Museo e che dialoga con l’allestimento realizzato al suo interno dal collettivo Studio Azzurro. Non una vera e propria opera di street art quindi, ma un lavoro su commissione, proprio come si addice a un moderno Caravaggio. Un lavoro esposto alle intemperie che il museo si impegna a proteggere e tutelare nel tempo.

Un’opera che ha lo scopo di far uscire all’esterno le cose custodite nel museo, così da anticiparne in qualche modo la visita. Una sorta di muro/specchio che rifletta l’anima del luogo insieme a quella dell’artista che l’ha realizzato.

Un percorso vero e proprio che si svolge sulle due facciate dove: sulla sinistra sono rappresentati i cosiddetti pazzi, figure alienate, che guardano il vuoto con terrore e si tappano le orecchie mentre le Voci li assillano dalle finestre; a destra i loro simili appagati, forse risolti nella loro genialità.

Un progetto che Gomez, prima di mettersi all’opera, ha dovuto introiettare attraverso una vera e propria ricerca di tipo antropologico e personale, alla quale è seguita la genesi di una breve storia, quella che in parte riassume l’intero percorso narrativo che si svolge su queste pareti.

LE COSE CHE NON SI VEDONO

Sono nato durante un terremoto, in una notte di luna vuota. Sono nata con due cuori, quattro occhi e il sangue che circola in senso contrario. […] Ho cercato una pietra volante che mi riportasse al luogo a cui appartengo, l’ho cercata sul fondo di tanti bicchieri, nella plastica che respiravo, nelle pasticche dell’altra normalità. Non volevo più sentirmi derisa, non volevo più vedermi giudicato. […] Vincenti tra i normali oggi, potreste sedere rannicchiati affianco a me domani, perché a lungo nessuno è normale.    ( Luis Gomez de Teran)

street art Gomez Santa Maria della Pietà Roma

“Ho pensato di rappresentare la percezione che ha la società della follia in quanto cosa negativa, da isolare – dice Gomez – In verità sono convinto che la follia sia un’etichetta sociale e che anzi, spesso in certa bizzarria risieda uno spirito sensibile, affine all’arte. Io non nasco pittore e per molti anni ho schivato la follia, devo ringraziare la famiglia e gli amici che hanno creduto in me e attraverso la cui fiducia e pazienza ho trovato oggi il modo per esprimermi”.

street art Gomez Santa Maria della Pietà Roma

Il discorso di Gomez è importante, realista e carico di profondo significato. È la società, ci dice mentre parla avvolto nel suo cappuccio nero, che decide se sei da includere o isolare, spesso con risultati drammatici sulle persone. Dobbiamo cercare di andare oltre le etichette culturali, cercare di conoscere veramente gli altri per quello che sono, abbattendo paure e preconcetti. Gli artisti, conclude, hanno il dovere di coinvolgere e far riflettere, favorendo così un percorso di conoscenza reciproca.

 



CONCLUSIONI

Vorrei concludere questo articolo con l’estratto di una lettera ai direttori dei manicomi datata 1925 in cui Antonin Artaud scriveva

Sarebbe troppo facile precisare il carattere compiutamente geniale delle manifestazioni di certi pazzi, rivendichiamo semplicemente l’assoluta legittimità della loro concezione della realtà e tutte le conseguenze che ne derivano. Domattina all’ora della visita, quando senza alcun lessico tenterete di comunicare con questi uomini, possiate voi ricordare e riconoscere che nei loro confronti avete una sola superiorità: la forza.

 

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L’opera è stata realizzata con la collaborazione del Centro Studi e Ricerche Santa Maria della Pietà Associazione Onlus.

 


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